Una startup svizzera trasforma 8.000 litri al giorno di urina in fertilizzante inodore in soli 10 giorni

Il riutilizzo dei nutrienti presenti nell’urina può diventare un elemento chiave dell’economia circolare urbana.

  • L’urina trasformata in risorsa.
  • Nutrienti recuperati, fosforo e azoto in ciclo chiuso.
  • Meno CO₂, meno rifiuti, meno acqua sprecata.
  • Tecnologia urbana applicabile a edifici, quartieri e persino eventi.
  • Aurin: primo fertilizzante europeo certificato a base di urina.
  • Ispirazione spaziale, uso terrestre reale.
  • Progetti pilota in crescita nelle città europee.

Ogni volta che tiriamo lo sciacquone, attiviamo un sistema di trattamento delle acque reflue vasto, costoso ed energivoro. È una meraviglia dell’ingegneria del XX secolo, ma è anche fondamentalmente inefficiente. Il problema centrale è che mescoliamo un rifiuto a basso volume ma altamente inquinante, l’urina, con enormi quantità di acqua, solo per spendere una fortuna per separarli nuovamente. Ma se questa premessa fosse errata? Questa storia non inizia in un laboratorio high-tech, ma con un’esigenza fondamentale in Sudafrica. Il progetto Vuna è nato per aiutare gli agricoltori ad accedere a fertilizzanti a prezzi accessibili e, allo stesso tempo, fornire soluzioni igienico-sanitarie. L’idea era radicalmente semplice: riciclare i preziosi minerali presenti nell’urina umana. Queste umili origini hanno gettato le basi per una rivoluzione tecnologica che oggi sfida le fondamenta della nostra infrastruttura urbana. E se, invece di essere un rifiuto problematico, l’urina fosse una risorsa strategica? E se potessimo trattarla in modo sicuro, senza odori e in modo redditizio, direttamente nei nostri edifici? Le risposte a queste domande stanno ridefinendo ciò che è possibile. Di seguito esploriamo cinque fatti che non solo dimostrano il potenziale del riciclaggio dell’urina, ma ci costringono anche a ripensare il concetto stesso di “rifiuto”.

Il principio dell’1%, ovvero come una goccia contenga un oceano di problemi (e soluzioni)

La logica di un secolo di ingegneria sanitaria viene smantellata da un unico dato. In un impianto di trattamento delle acque reflue convenzionale, l’urina rappresenta solo l’1% del volume totale di liquido trattato. È una frazione minuscola.

Tuttavia, in quella minuscola frazione si concentra la maggior parte della sfida: quell’1% contiene tra il 70% e l’80% dell’azoto e del fosforo, nonché la maggior parte dei microcontaminanti (come i residui farmaceutici) che gli impianti faticano a eliminare. Diluiremo un problema concentrato per poi spendere una quantità sproporzionata di energia e risorse per invertire quella stessa diluizione.

L’urina rappresenta circa l’1% del volume totale di un impianto di trattamento delle acque reflue, quindi è un volume minimo, ma rappresenta dal 70 all’80% di ciò che un impianto di trattamento cerca di trattare.

Questo principio dimostra che trattare i rifiuti alla fonte non è semplicemente un miglioramento, ma un cambiamento di paradigma. Questo “principio dell’1%” rende la separazione alla fonte la strategia più ovvia, ma è praticabile solo se si riesce a superare l’obiezione umana più immediata: l’odore.

Il mito del cattivo odore: la biologia automatizzata che trasforma un rifiuto

L’idea di raccogliere l’urina in un edificio evoca una reazione viscerale: l’odore di ammoniaca. Tuttavia, questa barriera sensoriale è stata eliminata grazie a un processo biologico elegante e totalmente controllato.

Invece di un semplice contenimento, sistemi come VunaNexus utilizzano un bioreattore per eseguire un processo di nitrificazione. Al suo interno, due tipi di batteri trasformano l’ammoniaca, fonte dell’odore, in nitrato, una forma di azoto stabile e inodore. Questo processo, noto anche come “stabilizzazione biologica”, non è lasciato al caso: l’intero sistema è completamente automatizzato e gestito da sensori di nitrito brevettati che mantengono il perfetto equilibrio biologico anche in un ambiente ultraconcentrato.

Il risultato è una trasformazione completa: un liquido stabilizzato, ricco di sostanze nutritive e completamente inodore.

Se guardi all’interno e annusi questo reattore, non c’è più odore, non ci sono più emissioni di ammoniaca in particolare, e in effetti, questo è ciò che in qualche modo rappresenta realmente questa trasformazione, che chiamiamo stabilizzazione biologica.

Neutralizzando l’odore attraverso la biologia di precisione, la tecnologia trasforma un ostacolo insormontabile in una semplice variabile ingegneristica risolta.

VunaNexus opera con un team piccolo, ma si avvale di alleati potenti. L’azienda collabora con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), la cui ricerca sui sistemi circolari per missioni spaziali di lunga durata ha ispirato parte della progettazione del reattore. Il progetto MELiSSA, incentrato sulle tecnologie rigenerative per gli habitat spaziali, ha dimostrato che i nutrienti umani sono recuperabili anche in condizioni estreme. Ora, quell’insegnamento torna sulla Terra con una missione meno futuristica, ma altrettanto urgente.

L’economia invertita: da spesa obbligatoria a risorsa gratuita

A prima vista, l’economia del riciclaggio dell’urina sembra impraticabile. Oggi, il fertilizzante prodotto è circa 30 volte più costoso per unità di azoto rispetto al suo equivalente sintetico. Ma questo calcolo ignora il quadro completo.

Su scala più ampia, si stima che il costo potrebbe essere ridotto a circa 5 € per unità di azoto, un prezzo competitivo con i “fertilizzanti a basse emissioni di carbonio”, ovvero quelli prodotti con idrogeno verde. Tuttavia, il vero cambiamento di paradigma risiede nel modello di business. Gli impianti di trattamento delle acque reflue rappresentano un costo netto per la società. Se i sistemi decentralizzati fossero remunerati per il servizio di trattamento che forniscono, allo stesso prezzo di un impianto convenzionale, l’equazione si invertirebbe completamente.

«Se fossimo pagati per il trattamento che effettuiamo allo stesso prezzo di un impianto di trattamento delle acque reflue, il fertilizzante che produciamo sarebbe quasi gratuito.«

Questo modello non solo crea un prodotto di valore, ma lo fa come sottoprodotto di un servizio essenziale, trasformando un centro di costo in una fonte di reddito e risorse.

L’innovazione invisibile: il WC che rende possibile il principio dell’1%

Il «principio dell’1%» è teoricamente brillante, ma per anni la sua applicazione pratica ha incontrato un ostacolo formidabile: il WC. I primi modelli di separazione erano confusi, poco attraenti e richiedevano un cambiamento di comportamento che gli utenti semplicemente non erano disposti ad adottare.

La soluzione è stata un’innovazione tanto semplice quanto rivoluzionaria: un WC che rende invisibile la separazione. Invece di meccanismi complicati, i nuovi modelli utilizzano il principio di capillarità (la stessa forza che permette ai liquidi di salire lungo un tubo stretto senza aiuto esterno) per separare e raccogliere l’urina in modo naturale e automatico. Non è richiesta alcuna azione speciale da parte dell’utente.

Questo progresso è il tassello chiave che sblocca il potenziale del “principio dell’1%” su larga scala. Eliminando l’attrito nel punto di utilizzo, questo design trasforma una tecnologia dirompente in un’esperienza quotidiana, dimostrando che la migliore innovazione è quella che passa completamente inosservata.

Dieci volte meno risorse, stesso risultato impeccabile

L’efficienza nel trattare i contaminanti nella loro forma concentrata è spettacolare. Un esempio perfetto è l’eliminazione dei microcontaminanti, una sfida sempre più grande per gli impianti di trattamento delle acque.

Sia i sistemi centralizzati che quelli decentralizzati utilizzano carbone attivo per filtrare questi composti. La differenza sta nell’efficienza. Per eliminare la stessa quantità di microinquinanti, un sistema di trattamento dell’urina alla fonte come VunaNexus richiede circa 10 volte meno carbone attivo rispetto a un impianto di trattamento convenzionale.

Questo non è solo un guadagno in termini di efficienza, ma la prova che il trattamento dei rifiuti alla fonte riscrive fondamentalmente le regole della gestione delle risorse.

Uno sguardo al futuro

In uno scenario urbano sempre più denso, i fondatori immaginano edifici in grado di recuperare le proprie sostanze nutritive. Senza grandi infrastrutture, senza trasporto dei rifiuti, senza deviazioni di azoto nelle fognature. Solo sistemi locali che restituiscono al suolo ciò che prima andava perso nelle tubature.

Potenziale

Il riutilizzo delle sostanze nutritive presenti nell’urina può diventare un elemento chiave dell’economia circolare urbana. Recuperando azoto e fosforo a livello locale, si riduce la necessità di importare fertilizzanti, si risparmia energia e si diminuisce la pressione mineraria sul fosfato, una risorsa limitata di cui l’agricoltura globale ha bisogno. Integrare queste tecnologie negli edifici di nuova costruzione – o in grandi strutture già esistenti – aiuterebbe le città europee a raggiungere gli obiettivi climatici e a gestire meglio le loro risorse idriche.

Inoltre, iniziative come questa aprono la strada a modelli comunitari di fertilizzazione rigenerativa, in cui il giardinaggio urbano, l’agricoltura periurbana o gli orti scolastici potrebbero nutrirsi di risorse locali. Un modo diretto, tangibile e quotidiano per chiudere i cicli e ridisegnare il rapporto tra la vita urbana e i sistemi naturali.

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