Fisico tedesco dimostra che un’auto elettrica percorre sei volte più strada rispetto a un’auto a combustione con la stessa energia

Le auto elettriche raggiungono un’efficienza reale del 70%, contro l’11% dei motori a combustione con e-fuel.

  • Efficienza reale: elettricità che rende.
  • Motori a combustione: limiti fisici, non ingegneristici.
  • E-fuel: perdite accumulate, costo elevato.
  • Elettromobilità: 70% di efficienza su strada.
  • Impatto climatico ed energetico: differenze abissali.
  • Industria europea: rischio di rimanere indietro.
  • Transizione dell’utente: abitudini, prezzi, percezione.

Il fisico Johannes Kückens smonta il mito del “motore a combustione altamente efficiente” dal punto di vista della termodinamica

Il fisico tedesco Johannes Kückens riaccende il dibattito sull’energia mettendo in discussione la narrativa dei presunti “motori a combustione efficienti”. Le dichiarazioni seguono le proposte politiche in Germania di ritardare la fine dei motori termici oltre il 2035.

Per Kückens, il termine è direttamente fuorviante: non corrisponde a nessuna grandezza fisica. I motori termici sono, per definizione, macchine termiche soggette a limiti che nessuna ingegneria può eludere.

Ricorda che il secondo principio della termodinamica segna un confine invalicabile: la conversione del calore in movimento non può mai essere totale. Ci sarà sempre una parte importante che andrà persa come calore residuo.

Anche nei motori più avanzati, il limite teorico si aggira intorno al 65%, ma la strada impone un’altra realtà. In condizioni reali, gli attuali motori diesel e a benzina raramente superano il 25% di efficienza utile. Il resto evapora sotto forma di calore che non spinge il veicolo.

Per decenni, l’industria ha perfezionato ogni valvola, ogni sensore, ogni sistema di iniezione. Tuttavia, questo percorso ha toccato il fondo. Kückens lo riassume con franchezza: non esiste una strada che porti un motore termico all’80% o al 90%. Questa cifra appartiene a un altro mondo: quello dei motori elettrici, con rendimenti superiori al 90% in condizioni ideali.

È su questo contrasto che il fisico pone il centro della discussione: l’efficienza non è un’opinione, ma il pilastro di qualsiasi trasformazione energetica sensata.

La questione, spesso dibattuta, se l’ingegneria possa continuare ad aumentare l’efficienza, viene scartata da Kückens. Sebbene l’evoluzione storica dalle prime macchine a vapore agli attuali motori a combustione abbia compiuto enormi progressi, ora, dice, il percorso è giunto al termine: “Oggi siamo intorno al 45% di efficienza e ci scontriamo con i limiti fisici. Non sarà mai possibile raggiungere l’80% o il 90%”. Il confronto è chiaro: “Esistono già motori con un’efficienza superiore al 90%. Sono i motori elettrici”.

Il fisico osserva con particolare scetticismo la speranza politica che gli e-fuel possano salvare il motore a combustione in futuro. Kückens descrive la loro produzione come un processo in tre fasi estremamente dispendioso in termini energetici: elettrolisi per ottenere idrogeno, cattura di CO₂ dall’aria e successiva sintesi di idrocarburi. “Purtroppo, a causa della complessità della loro produzione, questi combustibili contengono solo la metà dell’energia rinnovabile che è stata investita all’inizio”. Ancora più grave, aggiunge, è il fatto che vengono poi bruciati in un motore inefficiente: “Alla fine, solo poco più del dieci per cento dell’energia utilizzata arriva effettivamente sulla strada”. La sua conclusione è categorica: “Con la stessa quantità di elettricità, un’auto elettrica percorre sei volte di più rispetto a un motore a combustione alimentato con e-fuel”.

Una parte fondamentale dell’argomentazione di Kückens non risiede solo nella matematica energetica, ma nella sua traduzione nella vita quotidiana. Se si dispone di una quantità limitata di elettricità rinnovabile, ha senso spenderla per un combustibile che ridurrà l’energia disponibile a una frazione prima di percorrere un solo chilometro? Paesi come la Germania o la Spagna stanno lavorando all’espansione dell’energia solare ed eolica, ma l’offerta rinnovabile rimane una risorsa preziosa che deve essere utilizzata con saggezza. E qui la differenza tra il 10% e il 70% cambia completamente lo scenario.

Un’ampia adozione degli E-fuel richiederebbe inoltre infrastrutture industriali che oggi non esistono su larga scala, né in Europa né al di fuori di essa, e costi che, secondo molteplici analisi indipendenti, rimarrebbero elevati anche con economie di scala. Kückens indica un motivo semplice: produrre un litro di e-fuel non richiede solo energia, ma anche ore di elettricità rinnovabile che hanno altri usi prioritari, dall’elettrificazione delle industrie alla decarbonizzazione del riscaldamento.

Gli e-fuel sono combustibili sintetici prodotti da elettricità rinnovabile, acqua e anidride carbonica. Si ottengono attraverso tre fasi: elettrolisi per generare idrogeno verde, cattura di CO₂ dall’aria o da fonti industriali e una sintesi chimica che converte entrambi gli elementi in idrocarburi liquidi simili alla benzina, al diesel o al cherosene. In teoria, potrebbero essere considerati carbon neutral perché la CO₂ rilasciata durante la loro combustione sarebbe la stessa utilizzata per produrli.

Il grande svantaggio è la loro bassissima efficienza energetica: in ogni fase del processo si perde una parte significativa dell’energia iniziale e, inoltre, questi combustibili vengono poi bruciati in motori a combustione che sprecano gran parte del resto. Il risultato è che solo il 10% circa dell’elettricità rinnovabile utilizzata nella loro produzione arriva alle ruote. Pertanto, sebbene possano trovare applicazione in settori difficili da elettrificare, come l’aviazione o alcuni usi industriali, non sono pratici né sostenibili per le automobili di uso quotidiano.

L’industria europea vive questo dibattito dall’interno. Mentre la Cina avanza senza sosta con modelli elettrici più economici e catene di approvvigionamento consolidate, l’Europa continua a gestire una transizione più lenta e, a volte, contraddittoria. Kückens avverte che prolungare la vita del motore termico non è solo un errore dal punto di vista climatico, ma anche un rischio economico: le aziende che oggi non adattano la loro tecnologia potrebbero rimanere indietro in un mercato che non aspetta più.

Ciò che è chiaro è che un motore elettrico sfrutta meglio ogni kilowatt. Su strada, l’efficienza è di circa il 70%, anche considerando le perdite di carico, conversione e trasmissione. Inoltre, la semplicità meccanica del motore elettrico riduce la manutenzione e i materiali critici delle batterie vengono riciclati e reimmessi nella catena di produzione, cosa impossibile con i combustibili fossili. L’Europa, infatti, sta già promuovendo una rete di riciclaggio per il litio, il nichel e il cobalto, fondamentale per ridurre la dipendenza dall’estero.

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